Chi è Gabriele Maria Cucolo?
Gabriele Maria Cucolo è un regista e fotografo professionista che da oltre venticinque anni racconta l’ospitalità attraverso le immagini.
La sua carriera inizia alla fine degli anni Novanta con gli hotel della Famiglia Agnelli, dove sviluppa una sensibilità particolare per la luce e per l’equilibrio tra comfort, design e narrazione visiva.
Da allora ha collaborato con alcune delle realtà più prestigiose dell’hôtellerie italiana: il Principe di Piemonte a Viareggio, le strutture della famiglia Ferragamo, gli Antinori, il raffinato Borgo Scopeto Relais nel cuore della Toscana, e numerosi hotel quattro e cinque stelle tra i più rappresentativi del panorama nazionale.
È fondatore dei brand Foto per Hotel e paginevideo.it, e insegna Food Photography presso Confesercenti, con l’obiettivo di trasmettere ai professionisti del settore l’importanza dell’immagine come strumento strategico di identità e posizionamento.
La sua visione è quella di un fotografo che non si limita a “riprendere” gli spazi, ma ne coglie l’anima, trasformando l’architettura e la luce in un linguaggio narrativo e poetico.
In che cosa consiste il tuo lavoro e come si differenzia da quello di un fotografo generico?
Il mio lavoro non è semplicemente fotografare un luogo, ma raccontare la sua promessa di ospitalità.
La differenza rispetto a un fotografo generico è che ogni scatto nasce da una conoscenza profonda dell’hôtellerie: dei tempi, dei ruoli, delle esigenze operative di chi vive e dirige una struttura.
Un fotografo d’hotel deve capire le priorità del direttore, i ritmi del personale, l’importanza della coerenza visiva. Non fotografa “ambienti”, ma esperienze.
Ogni immagine deve servire uno scopo preciso — emozionare, informare, far scegliere — mantenendo sempre l’equilibrio tra bellezza e verità. È questo che distingue la fotografia “per hotel” da quella semplicemente d’interni.
Quanto è importante oggi l’immagine visiva per un hotel o una struttura ricettiva?
L’immagine è oggi il linguaggio principale del turismo.
In un’epoca in cui la prenotazione nasce da uno scroll di pochi secondi, la fotografia è la chiave che decide se l’attenzione si ferma o passa oltre.
Una buona immagine non è decorativa: è funzionale al valore percepito.
Può influire sulla fiducia, sulla scelta e persino sul prezzo medio accettato dal cliente.
La fotografia, in fondo, è il primo servizio che un hotel offre a chi ancora non lo conosce.
Cosa comunica una buona fotografia di hotel e cosa rischia di comunicare un’immagine fatta “alla buona”?
Una buona fotografia comunica cura, calore e identità.
Restituisce il senso del luogo, la sua atmosfera e il rispetto per il dettaglio.
Un’immagine fatta “alla buona” comunica invece trascuratezza e mancanza di visione.
Nel settore dell’ospitalità questo significa, concretamente, perdere valore: un’inquadratura sbagliata o una luce povera possono ridurre il prezzo medio percepito e compromettere la reputazione visiva della struttura.
L’immagine, prima ancora del prezzo, è ciò che racconta il livello di attenzione e professionalità dell’hotel.
Quali sono gli elementi che rendono una foto “efficace” nel trasmettere accoglienza, comfort ed emozione?
Una fotografia è efficace quando riesce a far percepire un’esperienza, non solo uno spazio.
Gli elementi fondamentali sono:
• Luce naturale controllata, morbida e coerente con il tono della struttura.
• Composizione rigorosa e proporzioni realistiche, senza forzature.
• Coerenza cromatica, equilibrio tra temperatura della luce e materiali.
• Dettagli narrativi che suggeriscono vita e comfort: un telo piegato, un vapore di caffè, un gesto umano.
• Atmosfera: il punto in cui tecnica e sensibilità si fondono per creare emozione.
In una foto d’hotel la tecnica è invisibile, ma la sensazione è tutto.
Nelle tue foto si percepisce una “storia”. Quanto è importante raccontare l’anima della struttura attraverso le immagini?
È fondamentale.
Ogni hotel ha una propria identità e un proprio ritmo emotivo, che va raccontato.
Nel Principe di Piemonte, ad esempio, ogni piano rappresenta un’epoca stilistica diversa e la fotografia deve restituire quella pluralità elegante.
In luoghi come Borgo Scopeto Relais, invece, la luce diventa racconto del territorio, la pietra e l’ulivo si fanno linguaggio.
Raccontare l’anima di un hotel significa entrare in sintonia con la sua vocazione emotiva: il silenzio di una spa, la convivialità di una sala colazioni, il chiarore dorato di un tramonto toscano.
La fotografia, in questo senso, è una forma di empatia visiva.
Ci sono dettagli o momenti che cerchi sempre di valorizzare?
Sempre.
Cerco la luce autentica, quella che modella i volumi senza artifici.
Cerco le transizioni di tempo: l’alba che filtra tra le tende, il riflesso del tardo pomeriggio sul marmo, la quiete prima del servizio serale.
Prediligo colori naturali, mai saturi, e la presenza umana discreta, quella che suggerisce l’accoglienza senza imporsi.
Sono attratto dai momenti di sospensione — quelli in cui lo spazio sembra respirare. È lì che, spesso, l’immagine diventa poesia.
Quanto è importante conoscere il mondo dell’hospitality per fotografarlo bene?
Conoscerlo è indispensabile.
Un fotografo che ignora le dinamiche dell’hôtellerie rischia di interferire, di disturbare, di non capire i tempi e le priorità.
Chi lavora in questo settore deve avere la sensibilità del direttore e l’occhio dell’ospite.
Solo così può produrre immagini che rispettano il lavoro di chi vive la struttura e, allo stesso tempo, ne valorizzano il potenziale narrativo.
Fotografare un hotel significa anche comprendere la filosofia di chi lo gestisce.
Ci sono corsi e/o percorsi che consigli a chi vuole intraprendere questa strada?
Suggerisco un percorso di formazione completo, che unisca tecnica, cultura e sensibilità.
• Studiare fotografia d’interni e architettura, per padroneggiare luce e prospettiva.
• Approfondire color grading e gestione del colore per stampa e digitale.
• Conoscere il mondo dell’hôtellerie dall’interno, osservando come si muovono i reparti.
• Sviluppare un occhio narrativo, capace di vedere la scena prima di scattarla.
E poi lavorare come assistente su set veri: è lì che si impara la cosa più importante — rispettare il tempo e la luce.
Pensi che l’intelligenza artificiale potrà sostituire, almeno in parte, la fotografia tradizionale nel settore turistico?
Credo che l’IA sia uno strumento utile, ma non un sostituto.
Può aiutare nella pre-visualizzazione o nella post-produzione, ma non potrà mai sostituire la sensibilità dell’occhio umano.
L’ospitalità è fatta di verità, e la verità richiede presenza.
L’IA potrà simulare la luce, ma non potrà mai percepire l’emozione di quella luce.
Il futuro sarà un equilibrio intelligente tra tecnologia e visione umana — ma la fiducia dell’ospite nasce ancora da ciò che riconosce come reale.
Quali sono gli errori più comuni che gli hotel commettono quando pubblicano foto online?
Gli errori più frequenti sono:
• Immagini scattate col telefono, con luci miste e spazi deformati.
• Mancanza di coerenza visiva tra i vari ambienti.
• Saturazioni eccessive, luci fredde, ombre verdi.
• Assenza di storytelling: tante foto, nessuna emozione.
• Errori di regia visiva, dove la somma delle immagini non costruisce una narrazione coerente.
In un mondo in cui tutti scattano, la differenza la fa chi pensa prima di farlo.
Cosa consiglieresti a una piccola struttura che non ha ancora investito in un servizio fotografico professionale?
Iniziare con pochi scatti, ma impeccabili.
Concentrarsi su ciò che davvero definisce la propria identità: la camera tipo, la colazione, l’esterno, un dettaglio che parli di autenticità.
Scegliere la luce giusta, curare la pulizia visiva e affidarsi a un professionista che conosca il linguaggio dell’hôtellerie.
Ogni immagine ben realizzata è un seme di valore che cresce nel tempo.
Non si tratta di “spendere per le foto”, ma di investire nella percezione: l’unico bene intangibile che, nel turismo, fa davvero la differenza.
Ringrazio Gabriele per la sua disponibilità e per aver condiviso con noi la sua esperienza, la sua visione e la sua profonda sensibilità verso il mondo dell'ospitalità.
Per conoscere meglio la sua attività, vi invito a visitare il suo sito e a seguirlo sui canali social:




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